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Crisi settore moda 2016: è finita “l’Età dell’innocenza”

Crisi settore moda 2016: è finita “l’Età dell’innocenza”

Crisi settore moda 2016: il “The business of fashion” parla di Età dell’incertezza riferendosi alle scosse emotive che si stanno abbattendo direttamente nel mondo e indirettamente sul mercato della moda. Si analizza l‘arresto dei consumi nel settore luxury (moda) e viene evidenziato quanto questo sia da far risalire al sentimento di disagio che sta avvelenando la società. Un disagio che dall’economia passa alla politica, toccando la religione, la cultura e i comportamenti di acquisto delle masse.

Paura, follia e disperazione, oggi anche i Millennial sperimentano il dolore.

Saziati di benessere e incrostati di superfluo, vivono la precarietà dell’esistenza scontrandosi inevitabilmente con l‘inconsistenza della cultura consumistica di stampo Americano.

Crisi settore moda 2016: l’insicurezza è democratica 

Investe tutti e così facendo, paralizza i consumi, in particolare quelli “aspirazionali”. In un attimo il concetto legato al consumismo di lusso appare amorale, ingiustificato e insulso. Odioso. La paura gioca brutti scherzi, eppure, proprio questi scrolloni emotivi, talvolta, rivelano delle sorprese.

Anche il caos ha le sue regole: la paura, ad esempio, può trasformarsi in consapevolezza.

La consapevolezza stimola salti evolutivi necessari.

Ecco, invece di parlare di “Età dell’incertezza” io userei un altro termine per descrivere questo rapido, radicale cambiamento nei consumi e nel pensare.

Non è iniziata “l’Età dell’incertezza”,  piuttosto, è finita “l’Età dell’innocenza”.

La crisi e gli eventi catastrofici hanno accelerato un’evoluzione intellettiva-spirituale per gran parte della popolazione. Le scale valoriali si stanno così modificando ineluttabilmente e quello che ieri era considerato importante o degno di considerazione, oggi è obsoleto.

La crisi porta evoluzione

Credo fermamente che quello che ancora i marchi non riescono (o non sanno cogliere) è che la popolazione, alla luce degli eventi e dei progressi nei sistemi dell’informazione, sia finalmente giunta alla maturità. Una maturazione che ha condotto la maggioranza degli individui a vedere e giudicare il reale in modo completamente diverso e critico rispetto al passato più recente.

Il consumatore adulto: oggi si sta attraversando la transizione dall’infanzia alla maturità.

L’età dello sviluppo, come è ben noto, non è mai un periodo sereno. Tutte le credenze e i valori immagazzinati fino a quel momento vengono messi in discussione. Durante la pubertà si attraversa, un disconoscimento della propria persona. La mente rifiuta l’involucro acerbo in cui si trova imprigionato, l’ingenuità viene risucchiata da una terrorizzante maturità. Ed è quello che sta accadendo ai consumatori.

Il pensiero si deforma per diventare Altro e con esso anche la lettura del reale.

E’ la capacità di interpretazione che muta, i filtri della puerizia si rompono e ci si scontra con la verità. Inutile aggiungere, quanto sciocche possano apparire le digressioni vanesie confezionate dal fashion system odierno. Se il rapporto qualità-prezzo dell’Alta moda cominciava a destare seri dubbi, l’inebriante superficialità dei contenuti “pop a orologeria” ha lavorato per rendere inconcepibile un certo tipo di consumo (v. Moda e lusso 2016: la notte del desiderio). Il superfluo ha fatto il pieno di banalità. Una banalità liquida e inutile, che messa sotto la luce della ragione è evaporata nel nulla.

Crisi settore moda 2016: come uscirne?

La moda, quella “Alta”, deve tornare ad essere una cosa seria. E deve farlo dando un senso alla sua esistenza, ovvero: riformulando i valori e identificando nuovi scopi. Scopi o mission rilevanti, in grado di avanzare oltre le nebbie dell’apparenza e della futilità. 

Senza uno scopo gli abiti servono solo per coprirci. E per questo non occorre spendere molto.

“Se oggi è possibile parlare di una scuola Vionnet è soprattutto perché mi sono dimostrata nemica della moda. Nei fugaci capricci stagionali sta un elemento di superficialità, di instabilità, che scandalizza il mio senso della bellezza”.

Madame Vionnet, tratto da “Moda. Dalla nascita dell’Haute Couture a oggi”, S.Gnoli, Carocci Editore,2012, Roma

Ecco, se la moda di lusso non può fare altro che regalare piacevolezza, almeno, che si impegni nel confezionare all’umanità l’illusione di possedere la bellezza eterna.

I direttori creativi delle case di moda oggi sono manager, AD, celebrity, ed è sbagliato. Per nobilitare il il superfluo occorre tornare indietro. I creativi devono tornare a creare. Creare e basta. Proprio come gli architetti del paesaggio devono assumersi l’incarico di progettare l’Eden, e devono farlo come un atto di fede, come servizio verso la comunità. Il caos ha le sue regole, le stesse che organizzano il paradiso.

“Mio padre mi ha fatto amare i giardini, mi ha incoraggiato nel vederne la bellezza e nel ricrearla non come esercizio ma più come un atto di fede. Lui diceva che Dio ci aveva donato un giardino e che quando abbiamo perso l’Eden abbiamo dovuto cercarlo e reinventarlo. Ma solo a pochi di noi è dato riuscirci, solo alcuni di noi hanno quel dono”.

André Le Notre, Le regole del caos

Fashion Editorial della settimana

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12 Comments

  1. Eli io devo partire dalle foto perché sono inaspettate. Quelle nella “gas o il station” sembrano fatte da qualche parte in US. hanno un che di velato ovattato sbiadito. Anche il look è top. Per quanto riguarda la fine dell’età dell’innocenza sono molto d’accordo con questa definizione. Siamo un po’ stufi si di non pensare e non capire. Realtà e autenticità, questa vincerà

  2. I tuoi post sono sempre molto interessanti!
    Complimenti come sempre per le foto. Kiss
    “Ora sul mio blog http://www.littlefairyfashion.com “Back to School con Y-Clù”

  3. ma sai che voglio fare delle foto in un distributore di benzina da anni?! sei stupenda cuore, sempre più top i tuoi editoriali! brava!!!
    un bacione

    http://www.thefashionprincess.it/

  4. Che location stupenda che hai scelto il look è molto appropriato per non parlare del tema del post concordo . Baci
    http://www.therosestrawberry.com/

  5. A parte che il tuo articolo è davvero interessantissimo e scritto in modo divino, un editoriale con i fiocchi, hai un look davvero super cool ! Bellissima e come stanno a te quei jeans, a poche ! Un bacione

    Fashion and Cookies – fashion and beauty blog

  6. Editorial originale! Sempre stupenda !!
    Condivido in pieno le tue parole sul mood della popolazione, si siamo arrrivati ad una maturità! Elia scala dei valori sta cambiando! Per fortuna direi!!
    Un baci buon week end
    Marina
    http://www.sweetlavanda.it

  7. vorrei capire come mai ti esprimi sempre in maniera così critica contro il sistema moda, dal momento che se non fosse per la moda, non saresti qui a pubblicare post e foto, suppongo come lavoro, quindi diciamo che la moda permette anche ai blogger come te di campare, per cui questi toni che hai spesso e volentieri suonano un po’ come..sputare nel piatto dove si mangia
    come fai a dire genericamente che “i creativi devono tornare a creare”? sei mai stata in ufficio stile? conosci tutto il lavoro che porta alla nascita di una collezione o parli come tanti che credono che ci sia “uno stilista” che magari disegna “pensando a modelle tg 36” e poi puff! nasce la collezione?
    certo che poi il total look zara la dice lunga…
    ma poi veramente non si può leggere che i direttori creativi sono AD,manager e poi magari anche astronauti, esploratori, chef ecc ahahahahah
    Mario

    1. Io sono libero pensiero, lei invece di cosa si occupa che ne sa così tanto? Io mi informo e informo prima di scrivere. Non le piace il completo Zara? Me ne farò una ragione.

      1. mi occupo di moda e mi trovo in disaccordo con il suo pensiero, pur ovviamente rispettandolo visto che come dice lei è un pensiero libero, anche il mio è un pensiero libero del resto, non viviamo più ai tempi di Madame Vionnet e credo che questo sia chiaro a tutti, un direttore creativo non è un amministratore delegato o un manager, lo è quando è costretto dall’esiguità della propria impresa, non possiamo fargliene una colpa, lei conosce i costi che deve sostenere uno stilista per creare sogni come dice lei?
        il costo di una collezione fatta come si deve si aggira intorno ai 100.000 euro e di questi soldi ne tornano indietro veramente pochi, soprattutto ai nomi minori
        le grandi imprese della moda hanno ruoli molto definiti e specifici, per cui un direttore creativo sarà solo quello e non altro, a lavoro ci saranno decine di stilisti, modellisti, sarti, ricamatrici ecc la moda è un lavoro di squadra oggi, se vogliamo parlare di alta moda
        il completo di Zara non ho detto che sia brutto, ma siccome nel post di parla di consumismo e di sogni, mi sarei aspettato magari un completo di qualche stilista “che crea e basta”
        se vogliamo che la moda cambi, iniziamo nel nostro piccolo a sostenere la moda indipendente e non industriale, che ne dice?

        1. Gentile Mario, il mio discorso sui direttori creativi ad, chef e astronauti era una piccola umoristica esasperazione di un quadro che è tangibile nei grandi gruppi (Kering, LVHM ad esempio) in proposito può leggere diversi articoli su 24oremoda o thebusinessoffashion. Il marketing e l’affanno di vendere cose sempre meno significative (dal pdv contenutistico) hanno reso il superfluo di lusso davvero superfluo. I direttori creativi non sono quelli che hanno fatto storia, intesi come couturier o artigiani, o meglio non ce n’è quasi più così. Pensi poi, che proprio Della Valle all’ultimo summit sul lusso organizzato dal Sole 24ore è arrivato a dire che se ne può fare a meno, che non servono più. Per quanto riguarda la moda delle pmi sono d’accordo con lei, ma anche da parte degli imprenditori ci vorrebbe più informazione sui nuovi canali del web per farsi conoscere e comprare.

  8. i grandi gruppi non sono legati esclusivamente alla moda,come lei ben saprà, sono realtà di business puro che di romantico ormai hanno ben poco, se non il merito, ma è discutibile poi se sia tale o meno, di rievocare in certi casi “fantasmi” di un immaginario collettivo sempre più rarefatto, come Marchesi, Cova e molti altri
    il direttore creativo ad oggi non ha molto a che spartire con i couturier di una volta e meno che mai con gli artigiani, ma quando si parla di realtà così tentacolari e di proporzioni immani, dove circolano troppi soldi e il rischio è troppo alto, ogni singolo compito ha il suo peso e viene affidato a chi di dovere, lasciare tutto in mano al singolo sarebbe un rischio
    lei cita il libro della Gnoli, avrà allora letto di sicuro il capito sulle signore della moda, vede la situazione non è cambiata di molto
    ha mai notato che in Italia i nuovi stilisti ormai sono quasi sempre rampolli di famiglie importanti? in quel caso hanno già la strada spianata, sono ben inseriti nella società che conta, hanno capitali da investire, i giusti contatti per far parlare di sè senza sforzo
    i ragazzi che si diplomano nelle scuole di moda hanno davanti a sè mediamente un futuro in qualche ufficio stile di maison importanti
    come può vedere non sono passione, dedizione, talento a fare davvero la differenza, raramente c’è una coincidenza tra le due cose, conosco stilisti celebrati come promesse e talenti, che non valgono un decimo di altri che resteranno probabilmente nel limbo per sempre
    all’estero esiste più meritocrazia ma anche tanto conformismo, non facciamoci ingannare, perché di prodotti davvero originali ce ne sono pochi
    ho poca fiducia nel web, credo anzi che proprio il web sia responsabile dell’appiattimento estetico che dilaga, lo stesso appiattimento che oggi renderebbe impossibile anche ad uno stilista del passato, di poter avere il giusto spazio
    in una situazione così complessa non credo che lo sforzo vada indirizzato verso il web ma verso la vita reale
    la moda va toccata, sentita, conosco piccole realtà che lavorano senza il web e lavorano benissimo, sarti, artigiani appassionati che non hanno bisogno delle luci della ribalta virtuale, troppo spesso effimere e inconcludenti

    1. Ma ci ha pensato che senza il web non ci sarebbe stato nemmeno il nostro scambio di opinioni?

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