Influencer Marketing: facciamo il punto della situazione
Influencer Marketing,una definizione. Quando si parla di I.M ci si riferisce a quella forma di marketing che si avvale del ruolo di alcune personalità autorevoli (in un settore ben definito), per divulgare contenuti. Questi personaggi, attraverso il loro lavoro sul blog e sui social diventano “ambassador” di quello che si desidera promuovere. Ho detto blog e social network, perché l’esistenza dell’uno non deve assolutamente escludere gli altri e viceversa. Se oggi si parla di comunicazione, non si può pensare che questa avvenga solo tramite uno o due social network. Il personal brandind dell’influencer deve obbligatoriamente declinarsi su tutte le piattaforme, nel modo più omogeneo e coerente possibile. Un’informazione sul blog sarà sempre reperibile con una ricerca su google, un post su facebook o ancora peggio un’immagine su instagram sarà destinata ad avere un ciclo di vita più breve, anche se, talvolta, con un maggiore impatto emotivo immediato. Senza contare i diversi tipi di pubblico, che per natura divergono per caratteristiche socio-demografiche e culturali da una piattaforma all’altra.
Influencer marketing. Come si fa?
Si fa, che si prende in esame un profilo il più possibile in linea con l’identità e i valori del marchio e si valuta la sua credibilità partendo dal blog, per passare poi attraverso le sue attività sui social. La credibilità viene fuori valutando diversi fattori: unicità, professionalità, rilevanza, popolarità, ma prima di tutto, sarebbe bene considerare l’apporto qualitativo dei contenuti diffusi. I contenuti, infatti, per avere risonanza dovrebbero conciliare: attendibilità nei confronti del panorama informativo, creatività espositiva e carisma autoriale.
Influencer? Sì, ma i contenuti?
Ma perché i contenuti sono così importanti? Perché “content is the king“?
Oggi, tutto in rete è assimilabile a contenuto. Le persone leggono contenuti, guardano contenuti, curano e aggregano contenuti, twittano contenuti, retwittano contenuti, cercano contenuti[…] Senza contenuti social, internet sarebbe identico a 20 anni fa.*
La tendenza in atto è far diventare i siti internet di brand e servizi, dei blog. O quasi. Ma perché i profili social dei grandi marchi sembrano ancora incapaci di sostenere un engagement soddisfacente? Me lo sono fatto un giretto sui vari profili facebook dei luxury brand nazionali e internazionali. Che dire, a parte qualche fuoco d’artificio in casa Chanel, Gucci, Dolce & Gabbana, Fendi, nonostante gli eserciti di like, l’ambientino è decisamente freddo e “asettico”. Questo, perché fanno ancora fatica ad accettare l’importanza di un content marketing nuovo e sottovalutano la figura del consumatore. Che non è più tale. Il prosumer (producer + consumer), va in cerca di gratificazione, di soddisfazione e di sicurezza. Non si limita più a fruire un’informazione o a compiere un acquisto. Ogni consumatore ha un ruolo nella comunicazione del brand: diffonde opinioni, condivide messaggi, interviene nei dibattiti delle community. E ça va sans dire, i contenuti che cerca in rete devono appagarlo, non solo tranquillizzarlo.
Ecco cosa scrive Simone Serni in proposito del “content marketing”
EMOZIONA O MUORI
I brand dovranno riuscire a comunicare e mantenere un rapporto con i clienti basato su emozioni e soprattutto divertimento. L’avvertimento e suggerimento che viene ancora da Micheal Brenner e’: “Siate divertenti o morirete. I brand dovranno far leva sulla natura umana dei consumatori cioe’ rendere le storie divertenti, emozionanti e accattivanti, solo cosi’ potranno sopravvivere”.
E per raccontare storie interessanti, facenti leva sull’umanità dei singoli non c’è miglior narratore che un consumatore vestito da cantastorie: l’influencer.
Influencer marketing. Ma perché dovrei preferire il ruolo dell’influencer alla vecchia figura del testimonial?
Prima di tutto, perché l’informazione veicolata dall’influencer-blogger (quello bravo eh) non viene percepita come una vera e propria “marchetta”, ma come un suggerimento al pari di quello avuto da un amico di vecchia data. Il messaggio, quindi, prendendo in prestito le vesti di un consiglio, abbatterebbe le soglie di resistenza del fruitore a cui vanno incontro i messaggi pubblicitari normali. In secondo luogo, perché l’influencer del caso (che non è Chiara Ferragni e similari, per intenderci) è una figura che vive una routine fatta di normalità. L’influencer non è una star e nemmeno aspira a diventarlo. L’influencer si impegna a rendere noto ai follower che bazzica nei loro stessi locali, mangia le stesse porcherie, al supermercato compra la carta igienica in offerta, insomma, la sua vita è uno specchio semi-finzionale, ma sincero della vita degli altri. Ed è proprio questo il plus che fa azionare l’identificazione e manda a buon fine il processo comunicazionale.
Conclusione. Questo spiegone per insistere su un mio vecchio cavallo di battaglia:
se hai deciso di fare il blogger, sappi che non esistono campagne informative-promozionali senza budget.
Ogni azione, anche una semplice condivisione su facebook è il frutto di un duro lavoro quotidiano su più fronti. E ai furbetti che vi contattano (ebbene sì, sono duri a morire) proponendovi scambi merce, scambi visibilità, scambi di coppia, fategli un piccolo corso di aggiornamento, perché il lavoro va pagato. Sempre che con onestà riteniate opportuno chiamare “lavoro” il vostro tempo impiegato su internet.
Quello che per il pubblico è un influencer, “un esperto”, uno di cui ci si può fidare, uno che stimiamo o che magari ci sta solo particolarmente simpatico, per l’azienda o l’agenzia è un brand. Sei ancora disposto a svenderti?
Fashion editorial
“Come si indossano le paillettes di giorno?”
Con un maglione e gli anfibi
Maglia: Zara ; Gonna paillette: H&M ; Anfibi: Bershka ; Cappello: Asos; Borsa: Benedetta Bruzziches
*Content evolution. La nuova era del marketing digitale, Franco Angeli Editore, 2015
carmen
ah tesoro lo sai che tu e Dania mi aveet aperto un mondo! e non smettero’ mi adi ringraziarti per questo! bella la mini
Mrs NoOne