Tag: New York Fashion Week settembre 2018

<h1>New York Fashion Week settembre 2018: il sogno, diventa incubo</h1> New York Fashion Week settembre 2018. Ok, anche a questo giro, New York ha avanzato la pretesa di poter contare qualcosa nella creazione di quell'<strong>ermetico sogno collettivo</strong> che è la moda contemporanea, ma dato che qui non ci sente nessuno oserò riportare la mia versione della faccenda <strong>senza</strong> fare uso improprio edulcoranti chimici.Anche se di articoli, post, repost ecc. se ne sono sprecati fin sopra le aspettattive (d'altronde  tra stampa, amici e parenti, questi invitati agli spettacoli, le dovevano ben spendere due parole o no?) la kermesse non regge il titolo.No, nonostante le vagonate di mezze verità, panzane e frottole di cui è imbevuto il mondo dei media, la <strong>tragica decadenza di New York</strong> come capitale della moda è evidente. E anche se "<em>non c'è niente di più ingannevole di un fatto evidente</em>" come dice Arthur Conan Doyle, più avanzano i mesi, più la situazione sembra irreparabile.C'è chi sfila a giugno, chi vola a Londra, chi non si presenta o ancora peggio si ripresenta, chi scompare, insomma, non c'è pace per quella <strong>New York</strong> che annaspa in un ricordo patetico di quello che fu <strong><a href="https://www.theladycracy.it/2018/08/12/vogue-america-anna-wintour-rimane-per-sempre-ma-perche/">Vogue America,</a></strong> il Diavolo veste Prada e Sex and the city. <h3>New York non riesce a trovare un posto rilevante nell'immaginario collettivo.</h3> E se tra i più attesi front-row ci sono <strong>Rodarte</strong> e <strong>Proenza Schouler</strong>, rimpatriati dopo aver affrontato l'ambizioso"tour" Parigino ancor più ricchi di idee deprimenti, allora, lo scenario si svela alquanto critico e sciatto. <h3>New York fashion week 2018. La densa pesantezza del vuoto</h3> Cacofonica e sgraziata, ecco la moda da New York. Una moda dove il sogno Americano, svelatosi in tutta la sua più torbida finzione, cede il passo all'incubo di Raf Simons ( Calvin Klein), se non altro, onesto nel tratteggiare l'angoscia di una realtà fatta a brandelli attraverso cliché culturali tipicamente Statunitensi.E pensare che quello che ha avuto più successo sui social è stato<strong> <a href="http://www.lastampa.it/2017/09/15/motori/il-garage-di-ralph-lauren-diventa-una-passerella-milionaria-alla-new-york-fashion-week-PRWgEJ7HOUo7xnXNI3LDPL/pagina.html">Ralph Lauren</a></strong>, che rimesso a nuovo dopo la volgare trovata dell'anno scorso (la sfilata è avvenuta nel suo garage tra Lamborghini, Ferrari, Bugatti, giusto per non ostentare), quest'anno ritenta l'<strong>autocelebrazione</strong> con la scusa del 50esimo anniversario della casa di moda. Chissà se si è reso conto che nel 2018 di Ralph Lauren non vorremmo<strong> nemmeno più un asciugamano da bidet?</strong> <p style="text-align: center;"><span style="font-family: 'courier new', courier, monospace; font-size: 10pt;">Iperboli di tessuti, uso sgradevole dei colori, accostamenti improbabili di ricami e stampe, esasperazione delle proporzioni: c'è tanto, troppo e di tutto. </span></p><h4></h4>