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<h1>L'amore è flessibile e sposa il modello Netflix, forse ci estingueremo</h1> <h1>L'amore è flessibile. Ecco cosa succede ai tempi di Netflix</h1> L<strong>'autismo sentimentale</strong>, relazionale e sociale che stiamo vivendo è solo una delle patologie croniche che la società contemporanea ci sta garantendo.Se si dovesse comporre uno spiritoso breviario sull'amore comune (comune inteso in senso più o meno generalizzato) il capitolo centrale, ovvero quello inerente allo svolgimento dei rapporti emozionali tra generi potrebbe esaurirsi in mezza paginetta.L'ossessiva abitudine al consumo viziato e vizioso di cose assolutamente superflue slegato, poi, da qualsiasi tipo di responsabilità di natura ambientale, sociale e morale <strong>ha raggiunto le persone</strong> e si è sommato ad un irrimediabile, terribile sentimento di impotenza, che con la complicità di un'industria culturale e dell'intrattenimento obnubilante non ha fatto altro che incoraggiare le moltitudini al disfattismo, all' arrendevolezza e alla pigrizia di impegnarsi in qualsiasi cosa, anche nelle relazioni. <h2>Le relazioni (pericolose) di oggi funzionano come lo streaming:</h2> le si deve godere con la <strong>consapevolezza che spariranno</strong> dopo la fruizione.Nello stesso tempo, quando le coppie saltano, proprio Netflix ne sancisce la fine, una <strong>fine ineluttabile</strong> che di solito avviene quando uno dei due cambia la <strong>password</strong>. Insomma, il modello Netflix sta diventando il metro di paragone e di misura della nostra esistenza, ma poteva andare diversamente? Forse no. <h4>Generazione flessibilità</h4> La generazione a cui appartengo, ovvero, quella dei Millennials è la più <strong>indigente</strong> di tutte. Di colpo è stata votata alla<strong> flessibilità</strong>, alla <strong>mutevolezza</strong> e all' <strong>evanescenza</strong> delle proprie prospettive di vita. Gli scenari, che fino a qualche decennio fa sembravano poggiare su strutture intoccabili, monolitiche, certe, poiché garantite dallo Stato, ma anche dal proprio background culturale, dallo status sociale, economico e via dicendo, sono stati, infatti, smantellati in fretta e furia dall'impellente necessità di essere "flessibili".<em>I messaggi che i luoghi del potere politico rivolgono indifferentemente a ricchi e poveri presentano lo slogan "<strong>maggiore flessibilità</strong>" come l'unica cura per un'<strong>insicurezza già insopportabile</strong>: e in questo modo disegnano prospettive di ulteriore incertezza, ulteriore privatizzazione dei problemi, <strong>ulteriore solitudine e impotenza e, per giunta, ancora ulteriore incertezza</strong>. [...] non offrono nessun incentivo ad azioni di solidarietà; al contrario, incoraggiano i destinatari del messaggio a<strong> concentrarsi sulla propria sopravvivenza individuale</strong> [...]*</em>In un mondo in cui la gente è dovuta tornare alle<strong> leggi della giungla </strong>dove ci si alza per correre e <strong>sopravvivere</strong> alle calamità e agli altri, <strong>piuttosto che vivere e godere dei propri meriti,</strong> si può ben comprendere che l'ultima delle preoccupazioni dei "mezzi giovani" sia la sfera sentimentale e amorosa. <h3>Flessibilità lavorativa, progettuale, oraria, didattica, economica e ora anche amorosa</h3> Si ben comprende che con questo presupposto imposto dall'alto come "mantra", non si poteva di certo ambire a relazioni che non fossero anch'esse estremamente cedevoli ed effimere. Nati e cresciuti di sogni e premonizioni utopiche non avevamo fatto i conti con l<strong>'iperrealtà</strong> e la difficoltà di vivere a cavallo tra due epoche: la prima della fissità regolamentata da mitologie di successo e benessere democratico, la seconda di disagio, cambiamento, sfacelo e incertezza. <h2></h2>