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<h2>Cosa succederà nel 2020 nella moda?</h2> Mentre si esauriscono i vaticini post-Capodanno dei vari Paolo Fox e Nostradamus 3.0, molto meno sibilline si palesano le prospettive con cui il fashion system dovrà fare i conti nel 2020.Come sottolineato nel rapporto co-pubblicato da BoF e <a href="https://www.businessoffashion.com/organisations/mckinsey-co">McKinsey & Company</a> gli sforzi delle aziende dovranno essere costanti e concreti per tentare di arginare i danni dovuti a scenari economici, politici e sociali complicati e alle esigenze di una comunità aizzata dai pasionari della sostenibilità post-Greta Thunberg . <h2>Cautela e resilienza: tra le profezie aumenta il pessimismo</h2> Se all’interno i marchi stanno ancora faticando a decifrare i comportamenti della generazione liquida per eccellenza, la Gen Z, quest’anno dovranno anche tentare di assorbire la continua pretesa di maggiore trasparenza aziendale, efficienza e la richiesta di iniziative che rispondano realmente ai criteri di sostenibilità e inclusività.Sul versante esterno, d’altra parte, c’è solo l’imbarazzo della scelta: a partire, dall’instabilità dovuta ai tesi rapporti commerciali tra America e Cina, passando per il capitolo Brexit o alle proteste di Hong Kong. Queste situazioni, infatti, sono solo alcune di quelle che hanno avuto più risonanza a livello globale, ma ad esse se ne affiancano molte altre a livello locale, come gli scioperi in Francia e le crisi di governo in America Latina, che contribuiscono a peggiorare la percezione di incertezza generale giustificando la titubanza degli investitori e minando la crescita dei profitti. <h2>E poi rimane sempre quella cosa di convincere la gente a comprare roba di cui non ha bisogno</h2> Quando evitare la tendenza è la tendenza, quando il vintage è il nuovo nuovo e quando Virgil Abloh, il ninja di quella “nouvelle-pop- vague” formato collage della scuola materna, di quel <strong>ready-made</strong> in versione tritarifiuti dichiara che il tempo dello <a href="https://www.theladycracy.it/2019/03/02/moda-streetwear-2019-con-parigi-si-chiude-il-sipario-e-ufficialmente-morta/">streetwear</a> è finito, la pressione intorno al creare qualcosa che possa persuadere e scrollare la mandria dal solito pascolare indolente e distratto diventa davvero difficile, se non impossibile. <h3>La moda che muore di moda: quando la moda è ovunque e da nessuna parte</h3> Quando l’acquisto diventa un’abitudine da sbrigare rapidamente e consumare con altrettanta foga e quando le possibilità di cambiare pelle (abiti) vengono vissute come consuetudini forzate non solo stressanti, ma anche dannose per il portafoglio e l’ambiente, allora, si comincia a desiderare di non desiderare più nulla.