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Resilienza: ecco come la penso su quello che accade

Resilienza: 1. (fis.) proprietà dei materiali di resistere agli urti senza spezzarsi, rappresentata dal rapporto tra il lavoro necessario per rompere una barretta di un materiale e la sezione della barretta stessa 2. capacità di resistere e di reagire di fronte a difficoltà, avversità, eventi negativi ecc.:resilienza sociale Etimologia: ← deriv. del lat. resilĭens -ĕntis, part. pres. di resilīre ‘rimbalzare’, comp. dire- ‘indietro’ e salīre ‘saltare’. *

Siate resilienti!

Oggi apro una parentesi personale. Sarà tutta colpa dell’andare in vacanza a luglio, sì, può essere, sta di fatto che sono un po’ scombussolata. Non l’avevo mai fatto e tanto meno ne avevo valutato le controindicazioni. Va bè ora, sono qui ad aspettare che tutti voi torniate dai lidi assolati per poter lavorare con ritmi più ferrei e pensare di meno.

Sì, pensare di meno, perché, caso vuole, che questa sia pure un’estate atipica, di sangue, di panico, insicurezza, ma anche di consapevolezza. E così capita che la sottoscritta tra una velleità e l’altra cada nell‘oblio dell’indecisione. Indecisione sul cosa dire e sul come parlare ai lettori. Confesso di essere attanagliata da vari conflitti interiori, ma ho deciso di essere onesta, pertanto, ci tenevo a confessarvi la mia difficoltà nel trattare la frivolezza, seppur una frivolezza necessaria, perlomeno fino ad ora. Prendete questo mio discorso come un flusso di coscienza o meglio come una dichiarazione d’intenti.

Volevo solo ammettere, che no, non va tutto bene, perché nemmeno chi parla di abiti e scarpe tutto l’anno è immune alla paura.

Detto ciò, la paura allontana le persone e non è questo il momento di disperdersi, nè di chiudersi in se stessi. Non è facile, ma bisogna analizzare il presente e poi volare un po’ più in su, quel tanto che basta per non estraniarsi totalmente dal reale, ma nemmeno per farsi imprigionare. E poi bisogna sperare. Sperare e avere fiducia. Ecco, mi sembrava giusto rendervi partecipi. Perché si pensa sempre che gli “Altri” siano invincibili, infaticabili, instancabili, inattaccabili, ebbene, non è così, nessuno lo è. Tanto meno io.

Lunedì scorso ho parlato del sordido “imbarazzo della moda”, una sorta di purgatorio informativo che si trascina in un presente poco presente proiettandosi nel futuro prossimo, ovvero settembre, ma più i giorni trascorrono, più ritengo inopportuno e fastidioso il generalizzato silenzio da parte della moda sulla precaria situazione attuale. Ecco, diciamo che mi piacerebbe che i marchi e gli operatori del settore fashion rompessero queste cortine di nebbia che li separa dalla realtà per partecipare un secondo, almeno una sola volta, ai sentimenti della comunità. Sarebbe incoraggiante no? Non facile, ma sicuramente potrebbe essere un grande segnale di aggregazione in un momento in cui si parla solo di divisione e disintegrazione della civiltà umana.

Ieri ho visto gli Snapchat degli artisti scelti da Gucci per interpretare le sue sneakers fiorate. Li guardavo e pensavo: “ma guarda che spensierati, eppure viviamo sotto lo stesso cielo“. Niente da fare ho trovato l’idea a dir poco alienante, senza senso. Sempre di ieri è la notizia che Giorgio Armani farà sfilare Emporio Armani a Parigi, in realtà una news bomba per chi sta seguendo le difficoltà che minano la Fashion Week di Milano, eppure, l’incertezza del vivere è così tagliente che il clamore dell’universo moda nemmeno si percepisce.

Se è vero che gli affari internazionali che collimano con interessi politici ed economici sono argomenti scomodi, non per questo dovrebbero essere completamente bypassati dal sistema. Il fattore intrattenimento, quello su cui i grandi reparti marketing fanno leva per creare engagement intorno ai mondi marca, forse andrebbe ripensato, anche solo momentaneamente.

Sì, basterebbe un segnale, un rimando, un momento di presenza in questo mondo. Quel mondo dove vivono gli stessi potenziali clienti, quelli che non sono più guidati dall’acquisto impulsivo, ma quelli che giunti alla maturità della loro essenza, forse, nei loro acquisti cercano un’ideologia al quale affidarsi più che un’idea di bellezza.

Tutto sfuma, niente sembra importante. Nemmeno l’estate. Eppure si deve andare avanti.

Andare avanti. Già. E non significa far finta di nulla, ma diventare “resilienti”.

Chiudo parentesi.

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3 Comments

  1. Anch’io sono moooolto resilente, nel senso che posso tranquillamente assorbire un urto senza rompermi.
    Almeno fino ad ora.
    Magari mi faccio male, anzi molto male, ma non mi rompo.
    No.

  2. Hai ragione, a volte si ha come l’impressione di stare in un’isola felice fatta solo di cose belle, in realtà non è così. Anzi. Tutti noi abbiamo le nostre paure, i nostri timori che i sogni (nostri e dei nostri figli) vadano in fumo per colpa nostra o di qualcun’altro. Siamo umani e avere paura è normale. Dovremmo imparare a sfruttare questa paura per parlare, diffondere messaggi sani che possano aiutare chi, come noi, sta vivendo questo momento grigio della storia. Soprattutto chi ha molto seguito, quindi i grandi marchi della moda, dovrebbe imparare a farlo, ogni giorno. Sarebbe un piccolo passo ma certamente utile per esorcizzare quella paura ed imparare a coltivare il buono che ancora c’è al mondo.

  3. Se ci rompessimo ad ogni colpo sarebbe tremendo. Chissà però se alla fine non risultiamo come quei vasi di porcellana che si sono spaccati e sono stati rincollati.
    bacetti tesorina

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