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Giambattista Valli HM: l’Haute Couture 100% poliestere

Giambattista Valli x HM. Il 25 maggio c’è stato il lancio del lancio dell’edizione limitata di Giambattista Valli x H&M. Lancio del lancio, perché il resto della collezione, i pezzi forti, arriveranno solo il 7 novembre 2019.

Già solo a spiegarlo fa sorridere “il lancio del lancio, che presuppone un altro lancio” una mise en abyme senza fine, ma la gente finge (o no?)di prendere queste cose sul serio, come se non avessero ancora capito che se un brand di lusso ripiega su HM per catalizzare l’attenzione, vuol dire che gli affari non girano bene.

Qualche mese fa Godfrey Deeny scriveva su Giambattista Valli P/E 2019:

[…] non si aveva mai davvero l’impressione di assistere al lavoro di uno stilista che spinge oltre i suoi limiti per comporre un guardaroba veramente moderno e completo. Eppure è quello che tutti noi saremmo molto curiosi di scoprire, dato l’indiscusso talento di Giambattista Valli.
I francesi hanno un’espressione per questo tourner en rond, che poi equivale a ‘girare a vuoto’ in italiano. E il granello di sabbia che inceppa un po’ l’ingranaggio è lo stilista stesso, che è riluttante ad andare oltre le strade che ha già percorso per ottenere forme veramente nuove. In poche parole, la moda di Giambattista Valli ha bisogno di un nuovo paradigma.

Ma resettiamo, restiamo al gioco, si prendano per buoni l’euforia e il delirante consenso divulgato dai media in questi giorn.

La pre-collection è andata esaurita in poche ore

Perché? Perché la legge della scarsità, premia sempre, i pezzi erano pochissimi

Mettere pochi pezzi in vendita, renderli disponibili per breve tempo e poi lasciare di loro solo l’idea (la loro foto con tanto di scritta “esaurito“) è la base per instillare nel popolo il desiderio di possesso.

Tranne per qualche eccezione,

per quanto riguarda la moda di lusso, si è cristallizzato adamantino l’impasse che affligge le varie conglomerate. Come l‘uroboro che consuma e rigenera se stesso in un processo senza fine, la fatica dei grandi del lusso, oggi, sta nel conciliare la necessità di superare le proprie ambizioni commerciali nella più onesta tutela e salvaguardia di quel “sacro fuoco” semantico di cui le case di moda godono, o dovrebbero godere, nell’immaginario collettivo.

Purtroppo, non sempre ci riescono,

anche se tentano ostinatamente di convincere sempre più persone ad aver bisogno di cose nuove, esclusive e invidiabili ogni giorno dell’anno.

La sovraesposizione mediatica delle Maison e quella loro a tratti disperata ricerca di approvazione da parte delle masse (o tribù), infatti, invece di rafforzarne l’identità, rischia di mutilarne il prestigio in modo irreversibile.

Ho appena accennato al senso di “disperazione” e non per esagerare.

Si prenda in considerazione la sopracitata operazione di “maquillage” rinvigorente, ultra-lift messa in atto sul marchio Giambattista Valli attraverso H&M.

Trattasi di masstige, ovvero, strategia win-win (teoricamente) che permette al marchio di lusso di accrescere brand awareness tra il “popolo” (e di conseguenza di spingere l’acceleratore sulle vendite entry-level) e al brand fast fashion di manipolare tutti quei poveri figli “del vorrei ma non posso”, che per poche ore hanno l’illusione di accedere al favoloso mondo del lusso comprando pezzi che di esclusivo e folle hanno solo le spese di marketing.

Così è anche per Maison Valli,

fondata nel 2004 e conosciuta ai più per le prodezze sartoriali applicate segnatamente al tulle. Ampolloso e magnifico nel rivestire di nuvole pastello le sue muse Haute Couture, quanto incerto e inconsistente nel collocare il suo marchio prêt-à-porter (nato nel 2014) nella vita reale e nell’elaborare la sua visione estetica sintetizzandola in uno stile riconoscibile, desiderabile e performante.

L’impressione è che l’ Haute Couture di Giambattista Valli, seppur un po’ ripetitiva, sia così straripante da ridurre al limite dell’insignificanza qualunque altra sua linea.

Sappiamo molto bene, però, che alle aziende di moda il “business dell’Haute Couture” non serve a pontificare, così, viene da pensare che questa spinta improvvisa di Valli verso il “popolo” non sia tanto una volontà del designer (di cui, peraltro, non so quanto ne possa andare fiero) quanto una mossa strategica irruente tipica delle grandi conglomerate.

E’ dal 2017, infatti, che Artémis, la società d’investimento della famiglia Pinault, nonché maggiore azionista di Kering, ha concluso un accordo con Giambattista Valli per entrare  nel capitale della maison, “con la possibilità di diventarne, successivamente, l’azionista di maggioranza”,* ergo, la necessità di massimizzare il fatturato è una missione da perseguire a qualsiasi costo.

Anche a costo di affiancare/ sporcare l’idea immacolata di qualche disegno,

anche se ipersemplificato e vagamente Haute Couture (quelli per cui è famoso), a un etichetta commerciale come Hennes & Mauritz con il patetico risultato di sfornare asfissianti vestitini PROM 100% poliammide per dodicenni drogate di serie Tv e Instagram.

E a tutti coloro che celebrano festosi la collaborazione tra Valli e HM avvicinandola alle precedenti positive operazioni (partendo da Moschino per arrivare fino a Cavalli), vorrei far notare che mai fino ad ora il lusso era planato così in basso. Nessun abito “Haute Couture” era mai entrato nell’universo della moda veloce svilendosi come un comune, insensato, ridicolo, costume da ballo.

“L’idea è di portare a tutti il DNA della griffe, quello dello “straordinario”, dell’unico nel suo genere, della couture.”

Giambattista Valli a Vogue.

E, onestamente, mi fa una grande tristezza.


*(Chi lo sa, peraltro, se poi la causa di tutti i mali” coincidente con l’annacquamento simbolico di cui i marchi soffrono oggi, non risieda proprio in una sconsiderata copertura mediale degli stessi).

*fonte Pambianco https://www.pambianconews.com/2017/06/30/la-famiglia-pinault-entra-giambattista-valli-217860/

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2 Comments

  1. Vestiti per una quinceanera sudamericana. O no?

    1. 😛 hahaha

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