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<h1>Moda sostenibile, è possibile?</h1> Moda sostenibile. Sappiamo benissimo che le questioni intorno alla sostenibilità, alla produzione e ai diritti dei lavoratori impiegati nel sistema moda dai grandi gruppi sono alquanto lacunose, ma, allora, perché oggi sembrano tutti diventati dei <strong>paladini della giustizia</strong>? <p style="text-align: center;"><span style="font-family: 'courier new', courier, monospace;"><strong>La moda etica va di moda. </strong></span></p> <p style="text-align: center;"><span style="font-family: 'courier new', courier, monospace; font-size: 10pt;"><strong>Sempre più spesso i protagonisti del fashion system ci fanno la predica riguardo il nostro consumo sconsiderato. Ma se lo possono permettere?</strong></span></p><h2 style="text-align: left;">Momento nostalgia: ci fu un tempo in cui il vestito era qualcosa di<strong> importante</strong></h2> <p style="text-align: left;"> Qualcosa di rilevante a<strong> livello emozionale</strong></p> Sembra di parlare della preistoria, eppure, fino a 10 anni fa i componenti del nucleo medio comune, ad ogni inizio stagione, erano soliti prendersi il sabato pomeriggio come giornata campale per fare il cosiddetto <strong>rinnovo guardaroba</strong>.In uno "sforzo" unico si spendeva quello che c'era da spendere e non ci si pensava più. Si trattava della solita "spesa" per la stagione nuova: un capospalla, un jeans, due maglie. Qualcosa di più, qualcosa di meno. <strong>Il rinnovamento passava da 3-4 pezzi.</strong> Tre o 4 pezzi da giocarsi con la roba degli anni precedenti. Perché a quei tempi l'abbigliamento durava. <p style="text-align: center;"><span style="font-size: 10pt;"><strong><span style="font-family: 'courier new', courier, monospace;">Pochi pezzi, ma di buona qualità e ci si sentiva subito nuovi.</span></strong></span></p> Dubito che non risuoni ancora argentino il candore con cui la vostra mamma o la zia del caso, premurose, nel vedervi scartare il loro regalo con titubanza erano solite specificare: "è<em> una taglia in più, sai, per la crescita</em>". Era un <strong>tripudio di risvolti</strong>, eppure, l'80% del vostro guardaroba sono sicura che sarà passato praticamente intonso a vostra sorella, a qualche cugina, amica o chicchessia, perché sì, a quei tempi le cose duravano. Eccome se duravano. <h2 style="text-align: left;">E così, la novità stava in un paio di scarpe, in una giacca o in un maglioncino.</h2> <p style="text-align: left;">Nessuno si sarebbe mai sognato di comprare interi look in un solo colpo o più cose, ogni giorno. Non solo non sarebbero bastati i soldi, ma non sarebbe nemmeno stato giudicato come "morale". Lo<strong> sfoggio non era solo uno spreco, ma anche un chiaro sintomo di vizio e vanità</strong>, qualcosa di inappropriato. Eppure eravamo già imbevuti di consumismo, eppure non avevamo idea di quanto le cose potessero degenerare in così pochi anni.</p> <a href="https://www.theguardian.com/fashion/2018/apr/18/stella-mccartney-designer-ethical-fashion-interview?CMP=share_btn_tw">Stella McCartney</a> appena "scaricata" da Kering, ha le idee chiare riguardo la sua moda. Il suo progetto potrebbe assimilarsi a quel filone ancora poco battuto nella moda noto come <strong>consumo critico,</strong> un tipo consumo che di fatto fatica a decollare in un clima in cui il nervosismo e lo shopping compulsivo indotto da <a href="https://www.theladycracy.it/2016/11/20/instagram-e-moda-come-funziona/">Instagram</a> regnano sovrani.Proprio il sistema di "<strong>consumo collettivo e istintivo</strong>" promosso dai Social, infatti, andrebbe a incancrenire un processo che si approfitta della fragilità individuale per forzare l'acquisto (tanto è vero che la dipendenza da Social andrebbe di pari passo con quella da shopping, anche se non si dice espressamente).