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Società

Trovare lavoro in Italia: addio alla preparazione umanistica

 

Trovare lavoro in Italia: resettiamo il nostro DNA, i potenti ci vogliono semplici, possibilmente non pensanti e spersonalizzati

Ricordi quel Paese di poeti, santi e navigatori? La meta prediletta da quei giovani aristocratici Europei che fin dal 1600 solevano allontanarsi dalla patria per raffinare il proprio spirito indagando in prima persona le origini della cultura classica, soffermandosi poi sull’incommensurabile patrimonio artistico accumulato nei secoli quasi con negligenza?

«Lo scopo di questo mio magnifico viaggio non è quello d’illudermi, bensì di conoscere me stesso nel rapporto con gli oggetti.»

Johann Wolfgang von Goethe, Viaggio in Italia

Ecco l’Italia, proprio l’Italia, scrigno delle lingue latine e del genio artistico e poetico che indusse Borges a considerare il resto dell’Europa e del mondo una PERIFERIA, oggi, da brava colonia si arrende ai superpoteri dell’Europa continentale e si appresta a diventare un grande bacino ricolmo di manodopera ad uso e consumo delle grandi potenze economico-finanziarie estere.

Disincentivare il pensiero è il primo passo verso la perdita della nostra identità

Come nel medioevo, non ci sarà schiavismo, ma servaggio e questo, purtroppo, sarà specialmente di tipo manuale.

Le proiezioni sull’andamento delle assunzioni nel mercato del lavoro Italiano da qui ai prossimi cinque anni rese note da Altagamma, infatti, vanno non solo ad affondare le facoltà umanistiche, ma decretano i diplomi in istituti tecnici e professionali come soluzioni formative più performanti rispetto alle altre.

Sotto le forche caudine passeranno quindi tutti quei sognatori sconosciuti alle prese con lettere e cartoline, giurisprudenza, comunicazione, medicina, arte e in parte pure gli economisti.

Tutta questa pletora di laureati con alle spalle inutili ore passate a tradurre versioni di greco e latino e oggi già genuflessi dal precariato, avranno così dalla loro il piacevole brivido di votarsi ad una vita bohémienne prima di abbandonare per sempre la faccia di questa terra.

I braccianti del 2020 alla mercé dei grandi industriali saranno prevalentemente diplomati agli istituti tecnici e professionali e gli artigiani, con eccezione fatta per i laureati in matematica e ingegneria

Come se non fosse bastato il duro colpo affondato in questi anni dalla tecnologia, dai media e dal rumore dei social visivi che ci stanno progressivamente dealfabetizzando a partire da una erosione del vocabolario e quindi del pensiero, con il nuovo editto inerente la formazione delle nuove leve il nostro destino si farà sempre più caliginoso.

[…] Come ha evidenziato Heidegger, riusciamo a pensare limitatamente alle parole di cui disponiamo, perché non riusciamo ad avere pensieri a cui non corrisponde una parola. Le parole non sono strumenti per esprimere il pensiero, al contrario sono condizioni per poter pensare.

Tullio De Mauro

Le maestranze future Italiane, quindi, avranno poco o niente da lasciare ai posteri in campo culturale e artistico

I piccoli “computieri”, i manutentori e i montatori addestrati con fredda e rigorosa disciplina ad una vita aziendale schematica e ripetitiva, dimenticheranno il loro retaggio culturale a colpi di bulloni, calcoli ed elettronica.

Agli Italiani non saranno più richieste idee

Eppure, al di là della nostra grande tradizione artigianale, proprio oggi la nostra creatività, frutto di un pensiero allenato e complesso, è ancora sinonimo di eccellenza nel mondo, tanto è vero che se le conglomerate del lusso sono straniere, gli addetti ai lavori che producono i grandi fatturati sono quasi tutti Italiani.

E così, tanto per fare dei nomi, mentre da una parte ci troviamo il team creativo di Balmain costretto, giustamente, a riprogettare un logo nuovo, poiché sfacciatamente scopiazzato da quello della nostra Laura Biagiotti, abbiamo anche una Maria Grazia Chiuri che oggi riceve il titolo di Cavaliere della Légion d’honneur, la più alta onorificenza che la Francia attribuisce a personalità che si siano particolarmente distinte nel proprio campo. Che dire poi di Alessandro Michele e del Ceo Marco Bizzarri protagonisti del nuovo corso di Gucci, di Piccioli da Valentino o Silvia Venturini Fendi, tutti talenti assoldati o assorbiti dalle più grandi realtà del lusso mondiale?

E allora lo dico:

questa cosa che alle nuove generazioni spetteranno solo più i conti, il cucito o il montaggio ( peraltro compiti facilmente rimpiazzabili da robot) sa un po’ di insana vendetta, come un bavaglio alla nostra grande attitudine artistica.

Perché mai l’Italia, di punto in bianco, dovrebbe rinunciare in partenza, attraverso un ripensamento del percorso scolastico, a incentivare ciò che per tradizione e cultura sappiamo fare meglio (censurando un approccio di stampo umanistico alle materie)?

Come i grandi studiosi, sia scienziati, che filosofi ci insegnano:

l’esperienza estetica data dallo studio dell’arte e della cultura classica unite allo sforzo della traduzione dal greco e dal latino ben lungi da essere un vezzo o una pratica datata e non prioritaria in tempi di crisi, sono le attività più vicine alla ricerca scientifica e il miglior modo per «esercitarsi nel procedimento logico-induttivo» che è necessario nella stessa*. 

Tralasciare la nostra storia e il pensiero di chi ci ha preceduto significa smarrire la nostra identità sociale e culturale senza avere la possibilità di tramandarla, in una parola: scomparire, come gli esseri di Modiano le cui orme si perdono sulla sabbia.

Gente strana, che al passaggio lascia solo una scia di nebbia che prontamente svanisce. […] Nascono un bel giorno dal nulla e al nulla ritornano dopo un fugace brillio. Reginette di bellezza, gigolos, farfalle. La maggior parte, anche da vivi, non avevano più consistenza di un vapore destinato a non condensarsi mai.”( Via delle Botteghe Oscure, cap. VIII)

 

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*https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/11/27/studiando-studiando.html

immagini via pinterest.com

 

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