Valentino uomo SS 2018: VLTN non è un brutto scherzo

Valentino uomo SS 2018: salutiamo VLTN. La verità è che non era convinto nemmeno lui di questa caxxta. No, non lo era affatto, Pier Paolo Piccioli.

Ho lavorato sui loghi degli anni Ottanta e Novanta dei nostri archivi, e non ero molto convinto del risultato, ma i miei collaboratori più giovani l’hanno subito apprezzato. Allora ho provato a guardarlo con occhi nuovi e, alla fine, mi sono convinto anche io*

Pier Paolo Piccioli fonte Pambianco

E, infatti, caro Pier Paolo, la prima impressione è quella che conta, avevi ragione: è una porcheria. Seppur necessaria.

Valentino uomo SS 2018. Perché cambiare un logo?

Nella comunicazione profanare un logo storico è un atto estremo. Un atto davvero rischioso, (vandalico, direbbero i fedeli del marchio) a meno che non sia rigorosamente necessario un RESET con il passato, un riposizionamento del brand.

E, a mio parere, è proprio quello che sta accadendo a Maison Valentino, dopo la fuga della Chiuri. A quanto pare il distacco dal passato più recente deve essere netto e definitivo per non provocare una nostalgia tossica nei confronti della ex collaboratrice.

Peccato che ripartire, non sia proprio facile, soprattutto se si vuole smantellare in quattro e quattr’otto quello in cui si riconosceva il pubblico di una Maison storica come Valentino. E soprattutto, se l’idea migliore è l‘amputazione di un nome “istituzione” in nome dello spirito del tempo. E che tempo, peraltro.

Sì, Pier Paolo è sicuramente stato costretto a uscirsene con una trovata così “triviale”

VLTN non è una novità, non è sensazionale e non è nemmeno una celebrazione dei tempi moderni. L’abbreviazione a cui è giunta la creatività di Piccioli ha un solo nome e non bisogna certo vergognarsi di dirlo: VLTN è una porcata. Una porcata necessaria a fare business facile, quindi una porcata come tante. Una delle tante di questo mondo stupido.

Ma il business facile è un male necessario per il ready to wear

Ready-to-wear is becoming an increasingly unprofitable niche in the broader luxury goods market[…]The economics of ready-to-wear are daunting*.

fonte Businessoffashion

E proprio perché scoraggiante, il prêt-à-porter sta cercando di forzare la mano sulle vendite di pezzi basici(magliette, maglioncini, tshirt) accessibili, riconoscibili e dal notevole ricarico (leggi anche Casual Style 2017: ma che casual sta succedendo).

E così Valentino diventa ALTRO, collezione dopo collezione,  ma sempre in nome della ricerca di una “chimerica” estetica contemporanea.

La questione intorno alla “contemporaneità” e la morte del senso critico

VLTN è più contemporaneo. Quando lo vedi pensi subito a Valentino*.

Pier Paolo Piccioli fonte Pambianco

(A sì? )

Ma ammesso che uno pensi davvero a Valentino, il tentativo di intellettualizzare o giustificare con belle parole un fine meramente commerciale, mi sembra un po’ vanitoso, da parte sua.

E’ come se con la scusa dell’aggettivo contemporaneo si potesse scusare tutto, anche le cavolate. Ma poi, chi l’ha detto che “contemporaneo” è giusto?

Siamo così anestetizzati nel nostro grottesco quotidiano, che nemmeno più riusciamo a distinguere il bene dal male, il vero dal finto, il bello dal brutto e l’intelligenza dall’imbecillità.

E’ così alto il livello di abbrutimento sociale che il riprodurne modi o l’incoraggiarne atteggiamenti (tra cui la superficialità, la banalità e la mediocrità) nei più svariati campi, finisce con il risultare più che apprezzabile, bensì degno di plauso.

Il contemporaneo è tanto più abominevole, quanto più noi silenziosamente ne accettiamo i prodotti, in una putrescente convivenza.

E adesso li voglio vedere tutti firmati VLTN.

ph. Marinella Rauso