Sindrome da eccezionalità. Cioè?
Essere eccezionali o non essere eccezionali, questo è il problema.
Essere, non serve più, essere straordinari diventa indispensabile.
Sembra che la normalità non sia più roba da tutti i giorni, anzi, pare proprio che venga rifuggita come la peste. Se siete su Instagram e ci lavorate, per esempio, vi renderete conto di quante personalità “speciali” ci siano tra i vostri contatti, perfetti inetti farciti di milioni di milioni di follower, che nemmeno Rihanna ci spera, e che magari abitano proprio nella vostra scala e la mattina scendono a comprare le sigarette nel vostro tabacchino di fiducia e al supermercato, bè, comprano insalata già lavata in offerta. Proprio come voi, ma molto più di voi. Ed ecco che scatta la sindrome da eccezionalità. L’ansia da prestazione, l’ansia da “eccezionale veramente“.
In effetti non
c’è più nulla di non eccezionale di cui valga la pena parlare, o meglio,
si sente parlare solo di cose, fatti, persone sensazionali.
E’ eccezionale il meteo, ieri Sanremo faceva registrare 25 gradi più umidità 90% che nemmeno in Nicaragua, mentre 3 giorni fa sembrava che il vento avesse tirato giù dal letto Babbo con le renne. E’ eccezionale la vastità di cose a cui si scopre di essere allergici di mese in mese, questa intolleranza cavalcante a cibi, aria, pollini, cani, gatti e persone. E’ eccezionale la velocità con cui Tinder ti aiuta a trovare “l’amico di letto” più vicino a te, mi riservo di non pronunciarmi sull’eccezionalità dei rapporti, ma con molta probabilità anche quelli saranno o eccezionalmente appaganti o eccezionalmente raccapriccianti.
Sindrome da eccezionalità. Capitolo fashion system, un’ipotesi.
Che dire della eccezionale rapidità con cui vengono sostituiti i direttori creativi delle Maison, l’ultimo “giallo” della moda vede Hedi Slimane, pupillo di Pierre Bergé, abbandonare (o è stato allontanato?) Saint Laurent dopo quattro anni di successi. Una telenovela dalle tinte fosche e dagli infiniti colpi di scena quella che va in scena nei gabinetti del sistema moda. Una vera “mattanza creativa“, infatti, da mesi tiene viva l’attenzione della stampa internazionale destando scalpore e dubbi tra gli addetti ai lavori. Ho specificato “addetti ai lavori”, perché gli specialisti ritengono ancora di avere a che fare con un cliente un po’ limitato, che compra indipendentemente dalla personalità alla guida del brand, in poche parole ne ignora l’importanza, uno vale l’altro. Va bé, tralasciando le perplessità in proposito e tornando a Slimane, viene da chiedersi se, come Simons, Hedi abbia lasciato la Maison perché vittima dello stress. E allora, se il suo fosse stress da eccezionalità? Slimane e i risultati da record in Saint Laurent verranno ricordati per sempre, meglio lasciare la scena all’apice del successo che in fase di discesa no?
Mai come oggi la straordinarietà ha a che fare con i numeri, se i numeri sono sempre più alti le attese aumentano proporzionalmente. E sappiamo bene che non è facile mantenere alto il profilo, a maggior ragione oggi dove, come fa notare Renzo Rosso:
“ogni sei mesi si ribalta tutto. Nuova musica, nuovi film, passioni, rivoluzioni“.
Tante mode, tanta offerta, tanto clamore, tanti follower, tanti like. E poi in un attimo tutto passa e nella memoria rimane poco. Tanta creatività per niente verrebbe da dire. Si consuma tanto, ma troppo rapidamente e anche i talenti vengono spremuti, prosciugati e poi? E poi basta o forse no. Vedremo. Rimane il fatto che la sindrome dell’eccezionalità è un problema serio e ne siamo tutti più o meno consapevolmente vittime da quando le nostre vite vengono pesate con like e follower. Da quando i social network ci hanno messo tutti in vendita e
l’essere bravo non basta mai. Devi diventare eccezionale.
Tutti i giorni. Sempre di più.
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